religione

Paoletti: 'Un Natale diverso e più autentico' 

Redazione Mauro Berti
Pubblicato il 25-12-2020

L'omelia del Vicario Custodiale del Sacro Convento di Assisi

Viviamo un Natale diverso dagli altri a causa della pandemia che sta mettendo a dura prova il nostro mondo e il nostro modo di vivere. Un Natale meno luccicante, ma non per questo meno autentico; apparentemente più chiuso, ma non meno aperto agli altri e all’umanità intera. 

È l’evento centrale della storia e, inscindibilmente unito alla Pasqua, il fondamento della nostra fede.  

In questa messa del giorno di Natale la liturgia non ci racconta, come in quella della notte e dell’aurora, la nascita di Gesù a Betlemme e il cammino dei pastori, ma ci fa approfondire il mistero del Natale attraverso tre brani biblici di grande bellezza: il primo dal libro del profeta Isaia, che ci ha accompagnato in tutto il tempo di Avvento; il secondo dalla lettera agli Ebrei, e il terzo dal vangelo di Giovanni.

Il profeta Isaia invita a gioire, anzi a esplodere di gioia, perché il Signore fa sentire la sua vicinanza e consola il suo popolo. In un tempo di sofferenze e di prove per il popolo d’Israele, Isaia annuncia la pace e la gioia.  Anche noi avvertiamo il bisogno di sentire il Signore vicino in questo tempo di sofferenza, di paura e di smagamento. Isaia profetizza che «tutti i confini della terra vedranno il Signore». Il Natale è l’annuncio che il Signore ha visitato il suo popolo: questo evento accaduto e quasi nascosto in un piccolo villaggio della Palestina ora risuona in tutto il mondo: è il Natale del Signore!

La lettera agli Ebrei mostra la profezia avverata e la grandezza del bambino che è nato: Dio che aveva parlato molte volte e in diversi modi nei tempi antichi, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Gesù, umile figlio di Maria, adagiato in una mangiatoia, in realtà è il Figlio di Dio.

Il Vangelo è il prologo di Giovanni, molto ricco e denso teologicamente. Il quarto evangelista riprende in qualche modo i temi della lettera agli Ebrei, completando la prospettiva con il tema dell’accoglienza riservata al Bambino. L’evangelista afferma che questo bambino che vediamo nella greppia è in realtà il Verbo di Dio, la Parola, il Verbo, il Logos di Dio. “In principio (…)” era presso Dio; dall’eternità, in quanto Verbo, espressione di Dio, è anche Dio. Nel Credo diciamo: “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero…”. Gesù, il Figlio, è il creatore insieme al Padre, è la luce degli uomini e di questa luce abbiamo bisogno per essere orientati nel nostro cammino. 

Giovanni evidenzia il problema dell’accoglienza del Verbo, affermando che venne tra la sua gente e i suoi non l’hanno accolto. Noi accogliamo Gesù nella nostra vita? Ovvero, abbiamo con lui una relazione personale, autentica? Se accogliamo Gesù non camminiamo nelle tenebre.

“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. È il versetto centrale del brano, e di tutto il Vangelo, di tutta la rivelazione cristiana: il versetto in cui è espresso il mistero dell’Incarnazione.  Infatti da questa espressione “Il Verbo si è fatto carne”, la fede cristiana chiama “incarnazione” il fatto che il Figlio di Dio ha assunto la nostra natura umana. Il termine “incarnazione” rinvia alla profondità del mistero di Gesù di Nazareth, all’interrogativo della sua origine (“Da dove sei?” la domanda di Pilato) e della sua identità; solo a questo livello (dell’origine e della identità) si può cogliere un po’ della profondità del mistero del Natale di Gesù, della sua singolarità, della sua eccedenza, della sua storia, della sua persona.

Se chiedessimo alle persone che incontriamo: perché Dio si è incarnato? (Cur Deus homo?), quale risposta avremmo? E noi cristiani cosa potremmo rispondere a questa domanda?  Tutti festeggiano, ma chi sa il perché di questa festa?  Se il Natale è il Natale del Signore, perché Dio si è fatto uomo? Oggi sono in crisi i fondamentali non solo dell’economia, della politica, ma anche quelli dell’antropologia e della fede, non li consociamo. E senza fondamentali non si vive autenticamente. A Natale noi siamo chiamati a contemplare. La contemplazione è vera e piena di stupore solo se approfondiamo i fondamentali. Perché Dio si è fatto uomo? Richiamo semplicemente il catechismo della fede cristiana che ci presenta quattro motivi del perché Dio si è fatto uomo: motivi che celebriamo in questa eucaristia.

1. Dio sé fatto uomo per farci conoscere quanto ci vuole bene. Per rivelarci e donarci il suo amore. Natale è la nascita del Figlio di Dio tra noi e come noi. Il Natale e tutta la vicenda di Gesù sono rivelazione definitiva del volto di Dio. Lo specifico del cristianesimo è Gesù stesso. Ecco perché la storia di Gesù è la storia del Figlio di Dio, non semplicemente la storia di un giusto, di un sapiente o di un profeta. Difatti Gesù non ci dice come dobbiamo stare davanti a Dio, ma ci dice come Dio sta davanti all’uomo, e solo così ci dice chi è Dio. Ecco perché il Natale è il mistero della sorpresa, dello stupore, della meraviglia, mistero di fronte al quale mai si cessa di stupirsi. È il miracolo del Natale che coinvolge anche i non cristiani; tutti possono sentire il Natale e la gioia del Natale.

Il Natale è la rivelazione di Dio che è amore, un amore umile, povero: è quanto riempiva di stupore Francesco di Assisi che aveva nel suo cuore e nella sua mente presenti sempre i due misteri fondamentali della rivelazione e della fede cristiana: l’umiltà dell’incarnazione e la carità della passione.

2. Questo amore è un amore che ci salva. Ecco il secondo motivo per cui Dio si è fatto uomo: “per noi e per la nostra salvezza”. Dio si è fatto uomo per salvarci, ma noi sentiamo il bisogno di essere salvati? 

Giustamente sentiamo il bisogno di essere salvati da questa pandemia. Il vaccino che sta arrivando sconfiggerà il virus, ma resta la nostra precarietà, resta la morte. Chi ci salva dalla morte? Dio viene per questo. Legato alla morte è il peccato: Gesù è venuto per salvarci dalla morte e dal peccato. La pandemia ci sta spingendo a rimettere al centro della nostra vita la ‘questione delle questioni’, che è il futuro. Quale futuro? Quale speranza? 

3. Un amore che salva è anche un amore che diventa la misura dell’humanum. Ecco il terzo motivo per cui Dio si è fatto uomo: per darci un modello di vita. 

Chi è il nostro modello?  A chi guardiamo per essere veri, autentici? Gesù è l’unico modello: “amateci come io vi ho amato”. Il ‘come’ è fino alla fine. Così siate “perfetti come il Padre vostro”: questo vivere il ‘come’ di Gesù è il vero ‘trasumanar’, direbbe Dante. Oggi mancano i modelli, i testimoni. Francesco è il cristiano che ha seguito Gesù scegliendolo come “forma di vita”: qui è si radica e si alimenta la sua bellezza e attualità.

4. Questo amore che rivela, salva, ed è la misura: perché? Perché vuole renderci partecipi della sua stessa vita divina. Ecco il quarto motivo per cui Dio si è fatto uomo: per renderci partecipi del suo amore eterno, comunionale, trinitario. Dio si è fatto uomo perché l’uomo divenisse come Dio. È l’admirabile commercium, di cui parlano i Padri della Chiesa. Natale è questo incontro e scambio con Dio. Francesco cammina sapendo che va verso la comunione piena ed eterna con Dio e con tutti: questa è la speranza che ridona fiducia e coraggio in questo nostro tempo. L’augurio è che il Natale di quest’anno ci faccia riconoscere che siamo un’unica famiglia: fratelli e sorelle tutti in cammino verso la comunione piena.

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